Intervista a Flavio

Il batterista dei Floyd Machine, è nato a Forlì il 10/06/1962, è autore del libro “Our vintage soul”, in cui è immortalata la sua collezione di chitarre elettriche Fender, una delle più complete al mondo. Quando è nata la tua passione per le chitarre elettriche?

La passione per la chitarra elettrica in generale è nata da ragazzino. Quando andavo in Parrocchia si suonava la chitarra acustica, ma vedevo i ragazzi più grandi con la chitarra elettrica e già sognavo il giorno in cui ne avrei posseduta una. Cominciai in modo autodidatta a suonare la chitarra a quindici anni ma solo più tardi, con tanti sacrifici, mi sono permesso la prima chitarra elettrica.

Come e quando sono nati i Floyd Machine?

Nel 1999 nella sala prove che affitto ai gruppi musicali venne una band formatasi con l’intenzione di eseguire brani dei pink Floyd e mancavano di un batterista.

Forte della passione che fin dall’adolescenza nutro per la musica dei Pink mi auto candidai consapevole di poter imitare le stesure ‘poco tecniche’ Nick Mason.

Il gruppo accettò di buon grado la mia candidatura anche perchè io disponevo fin da subito delle attrezzature necessarie a poter organizzare il palco per eventuali appuntamenti.

il progetto prevedeva di suonare un solo concerto a titolo di divertimento dove sarebbero convenute tutte le nosttre amicizie e conoscenze e, grazie ai miei contatti, organizzai un concerto in un pub di Forlì che si chiamava 8:30.

La serata si inaugurò con il tutto esaurito tanto che il gestore ci chiese una seconda ed una terza sera perchè erano tantissime le persone che non erano riuscite ad entrare nel pur ampio locale sovraffollato per cui accettammo con grande risposta del pubblico che partecipò numerosissimo. Quello fu il trampolino di lancio dei Floyd Machine che allora si chiamavano ‘Pink Floyd Tribute’.

Avresti preferito essere il chitarrista del gruppo, visto che per lavoro nei pianobar suoni la chitarra elettrica?

Onestamente sarebbe bellissimo poter eseguire i vari assoli di Gilmour con l’accompagnamento della band ma visto che comunque posso eseguire gli stessi brani nelle mie serate di chitarra bar amo molto di più dare sfogo con i Floyd Machine alla mia passione per la batteria che è un desiderio che avevo fin da ragazzino.

Quando hai ascoltato i Pink Floyd la prima volta?

La colpa è di mio fratello Ivan di 4 anni più adulto che aveva già agli inizi degli anni ’70 una collezione di dischi in vinile che hanno segnato un’epoca: Santana, Pink Floyd, Deep Purple, Led Zeppelin, Yes e così via. Dopo la scuola, sfogliando i fumetti di Zagor, Tex Willer, Topolino, Alan Ford e Sturmtruppen ascoltavo questi dischi in continuazione e conosco a memoria i passaggi, le rullate e le dinamiche con la differenza tra me e Nick Mason che lui ha creato questo stile di suono e di esecuzione ed io lo copio aggiungendo un pò di potenza talvolta soprattutto nei finali, ricevendo da chi ci ascolta i complimenti per le emozioni che trasmetto attraverso lo strumento. Penso che sia la cosa fondamentale da cercare in chi esegue la musica: se non provi ed emani alcuna emozione, puoi fare tranquillamente qualsiasi altra cosa, tranne che suonare uno strumento.

Oltre ai Pink Floyd, quale altro gruppo ti ha appassionato, o avresti voluto emulare?

Ho un riferimento vastissimo di musicisti degli anni ’70, perché facendolo per lavoro riesco ad eseguire moltissimi brani in tonalità originale di artisti come Santana, Police, Jethro Tull, Dire Straits, David Bowie, Emerson Lake & Palmer, e molti altri. I Pink Floyd sono il gruppo che amo di più, perché in loro c’è una ricerca non della tecnica, ma del suono di per sé. Io, in quanto collezionista vintage, sono oltremodo cultore del suono nella sua naturalezza.

Vi siete esibiti davanti a Nick Mason, durante la presentazione del suo libro “Inside Out”. Come ti sentivi?

Quel giorno benedetto da Dio, abbiamo incontrato Nick nel primo pomeriggio ma contrariamente al previsto, non mi sono sentito particolarmente emozionato quando sono entrato nella stanza e gli ho stretto la mano  ringraziandolo immediatamente per tutto quello che ci hanno regalato con la loro musica. Lo avevo immaginato così come si è presentato: una persona semplice e disponibile, molto elegante e sobria ed ho percepito come con Roger Waters ed altri artisti e personaggi Vip che ho incontrato nella mia carriera che più sono grandi ed importanti nel loro ambito e più sono normali e modesti nella loro vita.

Lui ci ha stretto la mano e ci ha fatto i complimenti per come abbiamo eseguito i brani che lo hanno visto divenire così famoso, ed ha autografato il mio rullante con una speciale dedica che peraltro riporta gli autografi di diversi batteristi come Billy Cobham,  Stewart Copeland dei Police, Ian Paice dei Deep Purple, Carl Palmer di Emerson, Lake & Palmer.

Quando gli regalai il mio libro dedicandoglielo con mio autografo lui contraccambiò dedicando a sua volta la copia del suo libro con la frase: Thanks Flavio for your book!’

L’unico piccolo rammarico della giornata e di quell’incontro è che nonostante il nostro incitamento, non abbia suonato qualche pattern sulla mia batteria: sarebbe stata un’ulteriore perla nella mia collezione.

Qual è il momento più emozionante durante la giornata dei concerti?

Fin da quando nacquero i Floyd Machine l’impegno fisico e psicologico per me comincia almeno due giorni prima della data prefissata per un live in quanto essendo tutto il service, la logistica di trasporto, carico-scarico, montaggio delle strutture, dei fari, del maxischermo circolare, della strumentazione ed amplificazione ed impianto P.A. nonchè frigobar e catering per tutta la band e crew a mio totale appannaggio devo partire per tempo a preparare tutto!

Ammetto che nella maggior parte dei casi occuparsi di tutto quello che entra in due camion mi fa giungere a poco prima del concerto privo di energie e con tanta preoccupazione che ogni ingranaggio di tutta la maestosa ‘macchina’ funzioni a dovere e senza intoppi tecnici ma appena si spengono le luci sul pubblico e parte l’introduzione mi allaccio la bandana nera e mi ricarico magicamente con un’adrenalina così forte tanto che riesco a trasmettere per oltre 2 ore successive la mia energia anche ai miei compagni di palco e puntualmente al pubblico.

Per questo ringrazio l’atmosfera molto speciale che regna nei Floyd Machine, perché essenzialmente non siamo professionisti ma un gruppo di amici che con mezzi autonomi riescono ad ottenere risultati da grandissimi eventi e fino a quando riuscirò ad attendere fisicamente a tutto questo farò in modo che continui ad essere il motore che ci fa stare uniti.

E’ un’ulteriore soddisfazione ricevere tanto affetto dal pubblico che ci segue sempre più numeroso, perché questo mi ripaga di tutto il lavoro che svolgo anche dietro le quinte, e questi successi li condividiamo insieme da anni divertendoci e facendo divertire il pubblico.

Da alcuni anni Michela Taioli è chi comanda gli effetti audio-video durante i live ma soprattutto è entrata al mio fianco alla guida della Band con mansioni di Manager e responsabile e finalmente per me è stato un alleggerimento tecnico molto importante perchè la gestione di 20 persone, del palco, del service oltre che delle burocrazie varie e della riunione per le prove era davvero divenuta difficilmente controllabile.

Negli anni siamo cresciuti tecnicamente in maniera davvero esponenziale e la sostituzione di alcuni elementi  hanno accresciuto enormemente il nostro livello esecutivo facendoci distinguere positivamente da tutte le altre decine di formazioni che imitano i veri Pink Floyd in Italia ed all’estero che presentano stesure modificate e strumentazioni che nulla hanno a che vedere neppure lontanamente con i brani ed i suoni eterni composti da Gilmour, Mason, Waters e Wright.

….Lunga vita ai Floyd Machine ed alla vera musica dal vivo!